Qualche anno fa, cinque menti brillanti appassionate di economia, marketing e management erano di fronte a un bivio: da un lato, vivere la vita che desideravano; dall’altro, seguire le proprie ambizioni e lavorare in aziende internazionali a progetti con impatto globale.
Dovevano scegliere tra un biglietto da visita e una finestra sul mare, tra il lavoro dei sogni e l’amore della vita. Mettevano sulla bilancia, da una parte, un ufficio pieno di colleghi intraprendenti in una città fredda e frenetica e, dall’altra l’essere liberi di scegliere se stare vicino alla propria famiglia, o magari girare il mondo. Il dilemma si faceva più pressante, ma la bilancia pendeva sempre e solo dalla stessa parte. L’ignoto, dal canto suo, generava dubbi e incertezze.
Quei grandi lavori e quei progetti entusiasmanti che avevano sognato per tanto tempo sembravano essere destinati solo a chi voleva vivere in grandi città e a passare la maggior parte delle giornate, o forse della vita, seduto in uffici spaziosi e asettici.
Nicolò, Mario, Naomy, Laura e Ludovica sono i nomi di quei cinque ragazzi, tutti provenienti da realtà universitarie prestigiose (Università Bocconi in Italia, Fudan University in Cina, Imperial College e University of Cambridge in Inghilterra, University of British Columbia in Canada, Nanyang Business School a Singapore). I loro curricula erano costellati di nomi di organizzazioni di fama mondiale, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato: Nazioni Unite e Banca Centrale Europea, McKinsey e Goldman Sachs, Google e Microsoft, Ferrari e ristoranti stellati Michelin.
Eppure, slide dopo slide, progetto dopo progetto, in quegli uffici non davano più il loro meglio, e in cuor loro avevano già capito il perché. Le loro energie, un tempo traboccanti di creatività e ottimismo, si stavano lentamente spegnendo.
Il problema non erano solo la lunghezza delle giornate di lavoro o la pressione, anzi: affrontare nuove sfide e coltivare obiettivi ambiziosi faceva parte del loro DNA. Il vero ostacolo era il non poter scegliere dove e come vivere.
Nicolò fu il primo a provarci, lanciandosi come freelance, in nome di quella libertà tanto desiderata. Numeri e parole erano il suo punto di forza, così ha iniziato a scrivere analisi d’impatto, strategie di marketing, piani industriali e di comunicazione – compiti che, nel mondo del lavoro “tradizionale”, vengono spesso eseguiti separatamente, da più mani. La sua fame di nuove opportunità lo ha spinto a raccogliere varie sfide, da solo. Non molto tempo dopo, ha chiamato gli altri al suo fianco e, insieme, hanno spiccato il volo.
Unire progetti e professionisti tanto diversi, inoltre, confermava la loro ipotesi iniziale: strategie e storie sono inseparabilmente interconnesse. Le persone dimenticano facilmente numeri e dati se privi di un messaggio chiaro ed efficace e, analogamente, le parole risultano vuote se sprovviste di una solida base conoscitiva.
Per la prima volta, sembrava davvero che strategia e storytelling potessero essere realizzate da una sola agenzia e dalle stesse persone: analisi d’impatto e linee guida di brand messaging, framework aziendali e piani di marketing, risultati trimestrali e profili social.
Il World Economic Forum, Netflix, il governo australiano, UniCredit sono solo alcune delle organizzazioni leader a livello mondiale che quei cinque ragazzi hanno orgogliosamente servito dai vicoli stretti di Bari Vecchia, dalle dolci colline di Bali e di Bologna, o dal tavolino di un bar della capitale.
Il loro sogno ha preso forma tra una call di Zoom, una slide di Power Point e un tuffo nell’oceano. Ci hanno creduto davvero e quel sogno è diventato realtà, una realtà che ha preso il nome di Disal: strategie, storie e strumenti per aziende globali e cittadini digitali.
Quei cinque ragazzi hanno scelto di sognare. Volevano lavorare e vivere la vita come più desideravano, indipendentemente da dove il cuore li avrebbe portati, e questa è solo l’alba del loro successo.